Aggressività e nutrizione coerente con il trattamento
Per modulare una eccessiva aggressività tramite una nutrizione coerente con il trattamento occorre commisurare il carico glicemico alla circadianità del cortisolo e aumentare il cibo a PRAL negativo. L’aggressività in etologia definisce l’impulso istintuale violento indirizzato al procacciamento di cibo, a garantire la sopravvivenza o la sicurezza ambientale. L’ aggressività è dunque funzionale alla soddisfazione di obiettivi biologici: auto sostentamento, riproduzione e possesso territoriale. Si ha aggressività per difendere un territorio, per proteggere i propri piccoli, per organizzare la scala sociale gerarchica all’interno di un gruppo, per garantire fonti caloriche e permettere la riproduzione del più forte.
Il termine aggressività ha linguisticamente una serie di vocaboli affini ognuno denotato da una particolare sfumatura dello stesso campo emozionale: collera, ira, irritabilità, rabbia, ipercinesi, prepotenza, dominanza o violenza. Gli animali combattono tra loro per la gerarchia, il territorio o la femmina. Questi comportamenti violenti sono però limitati come la pericolosità perché ritualizzati. Un comportamento di aggressività ritualizzato è una struttura e convenzionale e ripetitiva che difficilmente tracima oltre i limiti della sua efficienza biologica. L’ aggressività dell’animale si evidenzia come suono, esibizioni di parti corporee con finalità di minaccia, movimenti repentini di avvicinamento, accerchiamento e combattimento corporale. Il vincitore non uccide necessariamente vinto che gli offre un atto di sottomissione e permette al sottomesso di andarsene incolume.
L’aggressività a livello umano tracima talvolta oltre le sue applicazioni sensate osservate nel regno animale. L’uomo può applicare aggressività senza efficienza alcuna con comportamenti che hanno il solo scopo di causare danno o dolore ad altri da sé. L’aggressione in ambito umano può attuarsi sia sul piano fisico sia verbale. La minaccia è vissuta dal sistema nervoso del ricevente talvolta più intensamente dalla semplice esecuzione di comportamento violento. Gli antropologi presuppongono che l’ aggressività esasperata è una predisposizione del genere umano che si manifesta nei diversi popoli in modo diverso. La scomparsa dell’uomo di Neanderthal e la prevalenza evolutiva del Cromagnon sono probabilmente dovute alla maggiore aggressività di quest’ultimo. Forme di aggressività umana eccessiva sono osservabili nei sogni, nei miti, nelle rappresentazioni di Dio, nelle leggende, nelle favole per bambini, nei comportamenti sociali e bellici. Tutto ciò è una prova ulteriore di quanto questa emozione caratterizzi l’uomo soprattutto per l’espressione esasperata, che non ha confronti con nessun altro essere vivente.
Le cause dell’ aggressività sono molteplici e diverse scuole di pensiero si contrappongono in merito. Concorrono in misura diversa alla violenza esagerata cause genetiche, religiose, psicologiche, somatiche, sociali, biologiche, iatrogene e alimentari. Meglio è accettare una multi causalità dell’aggressività con prevalenza diversa nel singolo caso. Sul piano ormonale la crisi acuta di aggressività è correlata a una serie di cambiamenti ormonali e metabolici necessari per liberare violentemente attività muscolare e governare la strategia di combattimento. Sono coinvolti nel processo alcuni neurotrasmettitori e l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene determina l’aumento di cortisolo e adrenalina nel sangue. L’ aggressività è una malattia complessa, dovuta a più cause e interconnessa a una complessa rete di sistemi neurali, ormonali e metabolici.
Oltre certi limiti l’aggressività diventa violenta e non è più idonea alla gestione sensata di un evento, ma diviene una condizione caratterizzata da sofferenza talvolta anche notevole. In tal caso è necessario un trattamento. La terapia convenzionale della aggressività esasperata consiste nella prescrizione di psicofarmaci e/o psicoterapia. La nutrizione può svolgere un ruolo nel trattamento della aggressività o della facile collera. Una buona anamnesi e una visita medica sono essenziali per la diagnosi iniziale e sopratutto per escludere qualunque malattia organica, che possa provocare o peggiorare gli stessi sintomi.
Sul piano corporale la aggressività comporta una alterazione dell’asse HPA con conseguente aumento del cortisolo nel sangue e una alterazione dei neurotrasmettitori specifici. Questa risposta endocrina e metabolica è caratterizzata da feedback regolativi, interconnessi anche alla nutrizione per via della secrezione d’insulina. Il rilascio a livello cerebrale di CRH nell’ipotalamo e noradrenalina nel locus coeruleus determina oltre alla stimolazione delle surrenali e all’instaurazione di un rapporto sfavorevole tra secrezione di cortisolo e DHEA, anche l’inibizione della secrezione d’insulina. Tali interazioni coinvolgono anche l’amigdala mediatrice della memoria emotiva. Una nutrizione corretta secondo le retroazioni ormonali indicate oltre a comportare un equilibrio di carichi e pertanto benessere fisico, determina anche migliore equilibrio ormonale. Tale condizione corrisponde a una modulazione favorevole dello status emotivo. Il paziente in nutrizione è alimentato con una sequenza nutrizionale, corretta da rapporti glicemici commisurati alla circadianità del cortisolo e soprattutto che non perde massa magra, soffre infatti meno anche sul piano emozionale. I conflitti biologici affrontati nella vita sono ovviamente sempre gli stessi, ma la capacità emotiva di gestire tali conflitti è implementata. La nutrizione e aggressività sono interconnessi da precisi rapporti ormonali, biochimici e metabolici.
La nutrizione coerente con il trattamento non è applicata solo al fine di ottimizzare il peso forma, ma sopratutto per contenere la risposta infiammatoria e la acidificazione associata a molte patologie. Si tratta di una metodica complessa che considera la scelta del cibo e dello stile di vita parte integrante di una terapia. Una nutrizione coerente con il trattamento si associa efficacemente a terapia farmacologica consentendo di ridurne il dosaggio, motivo evidente per il quale è spesso banalizzata e trascurata nelle prescrizioni. Il trattamento tramite nutrizione è integrativo e non sostitutivo di altri strumenti di terapia. Si consiglia di rivolgersi a un medico, verificando l’iscrizione dell’operatore presso Ordine dei Medici, assicurandosi che operi le scelte in terapia tramite l’ analisi della composizione corporea. Il trattamento in nutrizione del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale, ma al contrario stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello